rubinetto d'acqua

21 Marzo 2014
Dopo una battaglia legale durata 5 anni, i consumatori sono riusciti a ottenere il pagamento delle spese legali e l'annullamento della richiesta.

Nella loro villetta di via Dario Campana a Rimini un tubo dell'acqua in giardino si era rotto, a loro insaputa. Hanno capito che qualcosa non andava solo quando Hera, nel 2009, ha spedito loro la bolletta-monstre: 22mila euro.
Alla fine non hanno dovuto pagarla, ma solo dopo una battaglia legale durata quasi cinque anni: Hera infatti, almeno in parte, quei soldi li voleva. I protagonisti di questa avventura pressoché unica in Emilia-Romagna sono i componenti di una famiglia riminese, padre, madre e figlio piccolo.
Il lieto fine è arrivato solo il 5 febbraio scorso, quando il giudice civile del tribunale di Rimini ha stabilito l'insussistenza del credito rivendicato dall'utility bolognese rilevando, in sostanza, che alla famiglia in questione era stato fatturato in un anno quello che di solito in casi analoghi si fattura in 102 anni. Hera, che non ha fatto ricorso, è stata condannata a pagare le spese legali, pari a 2.700 euro, ma non il risarcimento che la famiglia aveva chiesto.

Dato che il fondo fughe avrebbe coperto solo 6mila euro, la famiglia aveva strappato ad Hera uno sconto di 11 mila euro ma il conto restava comunque troppo salato. In un primo passaggio di fronte al giudice, Hera aveva abbassato ulteriormente la sua pretesa a 6mila euro ma l'avvocato della famiglia, Gianni Baietta, ha scelto di tirare dritto. "Il mio cliente- racconta Baietta- si era accorto di questo consumo anomalo perché il letturista di Hera si era recato da lui e gli aveva anticipato che la bolletta successiva sarebbe stata a credito. Invece, così non è stato".

E' emerso, tra l'altro, che il letturista aveva sbagliato a leggere il contatore. "In questa causa- prosegue l'avvocato riminese- si è portata avanti la tesi secondo la quale Hera nella modulistica inviata agli utenti non informa correttamente il cittadino sulle auto-letture che può effettuare e dei rischi connessi alle fughe idriche, e la stessa multiutility si era difesa dicendo che il privato poteva controllare da solo il contatore e accorgersi della perdita". Sta di fatto che dopo quasi un lustro anni è arrivata a Rimini la sentenza di primo grado, che ha stabilito come la condotta di Hera non sia stata improntata esattamente alla buona fede.
Questo perché l'utility non avrebbe adottato contatori in grado di rilevare in automatico i consumi anomali, come accade solitamente per l'energia elettrica o la telefonia. Da Ilfattoquotidiano